XXVI Domenica del Tempo Ordinario

da | 26 Settembre 2024

Marco 9:38-43,45,47-48
“Se non si oppongono a noi, sono per noi!”.

Sorelle e fratelli in Cristo,
Come ci relazioniamo con gli apparenti concorrenti che in realtà potrebbero essere alleati e amici ancora da scoprire? Questo richiede un cambiamento di mentalità, sulla base del Vangelo della scorsa settimana, dove i discepoli sono fuggiti dalla loro vulnerabilità e dalla paura della Croce per entrare in competizione tra loro su chi è il più grande. Questa tendenza a voler proteggere la propria posizione, a competere, ad andare avanti, a prendere di più per se stessi e a occupare posizioni per difendersi dagli interessi degli altri… è umana, sì, radicata in impulsi di base che risalgono a quando eravamo primati. Ma non è l’atteggiamento di Cristo.

Sì, Gesù è disposto a sfidare, persino a confrontarsi con gli altri quando è necessario, ma non lo fa con questo spirito competitivo e di ricerca di sé.

Gesù vede invece coloro che sono al di fuori della sua cerchia immediata, ma che ovviamente lavorano per gli stessi fini nel suo nome, come alleati e amici che non ha ancora incontrato; si compiace persino della loro collaborazione. Egli rimprovera ai discepoli di cadere in una territorialità sospettosa e autoprotettiva. Fiducioso nella relazione con il Padre, chiaro nella sua missione e libero dal proprio ego, il suo atteggiamento è aperto, fiducioso, non territoriale o sospettoso. In questo spirito, è naturale per lui vedere potenziali alleati e amici in ogni sconosciuto, e quindi essere il tipo di leader che attira le persone in un cerchio sempre più ampio, attratto dalla stessa missione.

Certo, arriva il momento in cui affronta la resistenza, l’opposizione e infine il rifiuto, ma questo è un riflesso della paura, della rigidità e della territorialità delle autorità religiose, piuttosto della saggezza e dell’apertura di Gesù.

Nella nostra Chiesa e nella società odierna, questi atteggiamenti divergenti sono evidenti nella tendenza a opporre idee progressiste e conservatrici, nei modi in cui le comunità accolgono gli stranieri e gli emarginati o si chiudono per proteggere la propria identità e i propri interessi. Sono queste le uniche opzioni: un approccio indiscutibilmente aperto o uno chiuso e autoprotettivo? Questo modo di pensare binario non è il modo di pensare di Gesù. Egli inizia sempre dando alle persone il beneficio del dubbio, presumendo le loro buone intenzioni fino a prova contraria; a quel punto, le prende per quello che sono e procede di conseguenza. Inoltre, dà alle persone una seconda possibilità, una terza e così via. Questa tendenza alla fiducia genera buona volontà, spirito di reciprocità e, meglio ancora, di mutualità. La mutualità è una qualità di relazione caratterizzata dalla libertà e dalla libera scelta, piuttosto che dall’obbligo. E quando abbiamo costruito questa fiducia reciproca, abbiamo le condizioni per una collaborazione efficace e interdipendente, cioè per il lavoro di squadra.

Come leader, soprattutto quando siamo stressati o non disponiamo delle risorse necessarie per riposare, pregare e riflettere, è facile cadere in modelli reattivi di territorialità, sospetto e sfiducia. Dobbiamo quindi assumerci la responsabilità personale di mantenere le condizioni spirituali interiori che ci aiutano a mostrarci con pazienza e fiducia nel riserbo. E, a differenza dei discepoli, vogliamo essere cauti nel non lasciarci prendere da attaccamenti o sovraidentificazioni che limitano la nostra libertà nell’offrire per primi il beneficio del dubbio agli altri, o che ci portano a modelli di autogiustificazione, di protezione o di competizione.

Come possiamo imitare Gesù approfondendo il nostro radicamento nella relazione con Dio e il suo amore? Come impariamo a differenziare la nostra missione dalla nostra identità in modo tale da non essere facilmente agganciati da critiche o resistenze? E nelle nostre organizzazioni, come possiamo coltivare culture di fiducia, rispetto reciproco e buona volontà? Secondo la nostra esperienza, la necessità di muoversi in questa direzione è importante in molti contesti ecclesiali come in quelli secolari. Non ci può essere sinodalità senza questa cultura di fiducia reciproca e di apertura ai diversi modi di servire la nostra missione condivisa.

Mentre entriamo nel Sinodo questo fine settimana, contiamo sulle vostre preghiere e non vediamo l’ora di camminare con voi lungo il cammino…
David e il gruppo di Discerning Leadership

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Executive Director of the Program for Discerning Leadership

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