Nella mia limitata esperienza di vita spirituale, più cerchiamo di superare noi stessi, più diventiamo egocentrici. O sono l’unico? Potremmo aver ricevuto qualche gentile feedback sulla nostra vanità, egoismo o arroganza a un certo punto (o forse sono solo io?) e poi aver lavorato per superare queste tendenze, solo per ritrovarci più ossessionati dai nostri progressi di quanto non stiamo effettivamente facendo progressi. Come possiamo sfuggire a questa prigione paradossale dell’egocentrismo e crescere invece a immagine e somiglianza di Cristo?

Nel Vangelo di oggi, Luca 6:27-38, Gesù istruisce i suoi discepoli su come devono vivere nel mondo, non come i loro simili, non nello stesso modo in cui le loro culture o tradizioni suggerirebbero, e certamente non secondo i loro istinti di base. Amate i vostri nemici. Fate del bene a coloro che vi odiano. Dare senza aspettarsi nulla in cambio. Trattare tutti con la stessa dignità, considerazione e fiducia che vorresti da loro. Nessuno di questi comportamenti è coerente con le convenzioni del loro tempo o con le nostre.
In effetti, le influenze mondane dominanti dei nostri tempi suggeriscono che dovremmo mettere noi stessi e le persone come noi davanti a tutti gli altri. Suggeriscono che dovremmo cercare la vendetta per qualsiasi danno ci sia stato fatto e, se necessario, usare la forza per ottenere ciò che vogliamo. Queste voci mondane dicono che è giusto umiliare e persino maltrattare le persone diverse da noi e trattarle come se fossimo superiori. Non credo che dobbiamo andare molto lontano per trovare queste voci che aumentano di volume e intensità intorno a noi. Ciò che è più scioccante è che alcune di queste influenze affermano di seguire la via di Gesù come cristiani.
Ma se vogliamo essere fedeli alla via di Gesù, non c’è dubbio che Egli ci chiami a vivere in un modo che trascende i nostri istinti primari e fondamentali e che non si conforma alle convenzioni delle nostre culture. Piuttosto, come suggerisce Paolo nella sua lettera ai Filippesi, non dobbiamo conformarci ai modi del nostro tempo, ma piuttosto “rivestirci della mente di Cristo, che si umiliò…” Oppure, nella lettera ai Corinzi che abbiamo letto oggi, Paolo scrive che siamo invitati da Dio a superare i modi della nostra forma e immagine terrena e a trasformarci in qualcosa di sempre più divino.
Ma come possiamo avanzare lungo questo percorso di evoluzione spirituale in un modo che non sia auto-propulsivo, non basato su una qualche immagine idealizzata di noi stessi? Questa ricerca ostinata della via di Gesù porta solo alla nevrosi. Ci sono passato. Come possiamo essere disponibili all’amore che trascende noi stessi?
Ora, potrei dire che è possibile solo attraverso la grazia di Dio che possiamo fare ciò che Ignazio di Loyola chiamava “progresso nel Signore”, e sebbene sia vero, eluderebbe anche la questione di quale responsabilità abbiamo di uscire dalla nostra strada. E per quelli di noi che hanno autorità, influenza e risorse di leadership, quanto è più importante per noi maturare al di là del nostro naturale egocentrismo in modo da non abusare del nostro potere, come vediamo fare a tanti nel corso della storia e in questo preciso momento?
Prima di tutto, smettiamo di guardare noi stessi attraverso i nostri occhi, che tendono a essere troppo duri nel giudicarci o troppo indulgenti, fino al punto di auto-esaltarsi. Guardare attraverso la nostra sola prospettiva non ci aiuterà mai a sfuggire al paradosso dell’egocentrismo. Piuttosto, potremmo provare a sederci in silenziosa preghiera, pregando di ricevere il dono di percepirci come Dio “ci vede”. Come può il nostro punto di vista su noi stessi non cambiare quando ci lasciamo vedere dal nostro Dio amorevole, che ci ha creati, sostiene il nostro essere anche adesso e ci conosce nel profondo, compresi tutti i nostri lati positivi e negativi, i nostri rimpianti e vergogne segreti, i nostri desideri e aspirazioni più profondi?
In secondo luogo, potrebbe sembrare paradossale, ma come suggerisce Gesù stesso, quando guardiamo il nostro prossimo, è utile in una certa misura vedere noi stessi; cioè, proiettare in una certa misura il rispetto, la cura e la considerazione che noi stessi desideriamo o meritiamo. Questo diventa un punto di partenza per un incontro che, si spera, ci porti oltre questa proiezione positiva a una visione più vera dell’altra persona, una sintonia con la sua storia ed esperienza, i suoi interessi e aspirazioni. Si dice che una conoscenza così diretta dell’altro non può che riempirci di un senso di amore per lui, e forse tu ed io abbiamo provato questo amore per e dagli altri.
Terzo, quando ci ritroviamo a confrontare e giudicare gli altri, sappiamo che ciò è spesso dovuto alla nostra errata impressione di superiorità o inferiorità. Se mettiamo noi stessi e gli altri davanti a Dio in preghiera, cosa scopriamo? Quanto rapidamente torniamo a una ragionevole umiltà, sostituendo il nostro egocentrismo in un modo o nell’altro. E troviamo una compassione naturale e spontanea, persino generosità verso lo straniero, per non parlare del nostro prossimo.
Con l’avvicinarsi del periodo penitenziale della Quaresima, prevediamo molte altre opportunità di esame di coscienza. Ma resistiamo alla tentazione di farlo senza Dio. Seguiamo piuttosto il metodo di Gesù per superare noi stessi nello sguardo amorevole del nostro Dio.
Insieme a voi lungo il cammino,