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Togliere le rotelle

da | 30 Maggio 2025

Questa è la seconda settimana in cui riflettiamo sulle lezioni che possiamo trarre dalla contemplazione dell’Ascensione in merito alla leadership. La settimana scorsa abbiamo riflettuto sul modo in cui Gesù ha sviluppato un piano di successione selezionando i suoi seguaci “ad alto potenziale”, guidandoli nella loro crescita, creando spazio per loro e dotandoli della sua eredità spirituale. Questa settimana riflettiamo sul significato particolare che la celebrazione dell’Ascensione del Signore può avere per noi, considerando il cammino sinodale della Chiesa. In particolare, quale esempio istruttivo possiamo trarre dal modo in cui Gesù risorto fa spazio agli apostoli affinché realizzino pienamente la loro vocazione, non solo come seguaci, ma anche come discepoli missionari?

Anche se è il Figlio di Dio, in qualche modo non riesco a immaginare che sia stato facile per Gesù risorto lasciare gli apostoli per intraprendere la sua missione, almeno non senza di lui vicino. In effetti, posso immaginare che abbia provato ciò che provano i genitori quando finalmente tolgono le rotelle dalla bicicletta dei loro figli.

I genitori devono capire quando i loro figli sono pronti per il grande passo, ingoiare la paura, dare loro una spinta da dietro per dare loro lo slancio necessario per mantenere l’equilibrio e poi lasciarli andare. È un momento di verità, un momento di paura, di attesa e di eccitazione. È anche un momento di autocontrollo per non trattenerli troppo a lungo o spingerli troppo forte. È un momento di fede. E come sappiamo, non è solo un’esperienza che si vive una volta sola, ma che si ripete molte volte nella vita dei genitori e dei figli, anche quando i ruoli si invertono e i figli devono assumersi la responsabilità dei propri genitori.

Per il Cristo risorto c’era la fragilità del “progetto”, la missione di proclamare e far progredire il Regno stesso. Ancora una volta, naturalmente, sto proiettando ciò che deve aver provato Gesù nell’affidare questo movimento nascente di importanza fondamentale a questo assortimento “disomogeneo” di amici e seguaci.

Ognuno di loro aveva la propria personalità, il proprio stile, le proprie stranezze ed eccentricità. Commettevano spesso errori e sembravano piuttosto lenti nel comprendere il suo insegnamento su cose fondamentali come il modo in cui dovevano esercitare l’autorità come umili servitori degli altri, o come dovevano accogliere gli stranieri e le persone di credenze e culture diverse dalla loro. Onestamente, affidare la missione a questo gruppo non era forse un po’ rischioso, forse persino irresponsabile?

Ma Gesù accettò le loro imperfezioni e i loro fallimenti. Gesù non si aspettava che facessero le cose esattamente come lui, ma confidava che ognuno avrebbe trovato il proprio modo per raggiungere lo stesso obiettivo. Pietro avrebbe fatto le cose a modo suo. Giacomo e Giovanni avrebbero assunto i loro ruoli ciascuno a modo suo. E Maria Maddalena avrebbe espresso il suo messaggio a modo suo. La chiave era che tutti rimanessero fedeli al cuore della sua Via, fedeli alla sua Parola, al suo cuore per i poveri, al suo amore misericordioso, al suo modo di invitare le persone a ricevere la pienezza della sua gioia e della sua pace attraverso la metanoia e la riforma della loro vita.

Gesù non chiese ai suoi discepoli di conformarsi a un insieme di regole elaborate, ma piuttosto di rimanere fedeli al suo modo di amare e guidare, alla sua eredità spirituale di servizio, guarigione, insegnamento, riconciliazione. Sapeva che il suo esempio non sarebbe stato facile da seguire, ma sapeva anche che non poteva farlo al posto dei suoi amici. Dovevano trovare la loro strada, insieme, senza che lui occupasse così tanto spazio da impedire loro di assumere i propri ruoli. Avevano dimostrato la loro fede in lui. Ora era lui che doveva riporre la sua fede in loro.

Perché questo è rilevante per noi che cerchiamo di servire lo sviluppo sinodale della Chiesa cattolica? Posso dire per me stesso che a volte faccio fatica a lasciar andare il mio attaccamento al mio modo di fare le cose, alle mie conoscenze, alla mia esperienza e agli anni di formazione, al mio ruolo e alla mia posizione di autorità. A volte sono tentato di pensare che delegando la responsabilità, sto rinunciando alla responsabilità stessa. Conosco cardinali, vescovi e sacerdoti che a volte provano la stessa cosa.

Eppure, facendo spazio, come fa Gesù risorto, egli non rinuncia alla responsabilità, ma assume una responsabilità più ampia per l’empowerment e il sano sviluppo dei suoi seguaci affinché diventino leader della sua missione. Egli non rinuncia all’autorità, ma, autorizzando gli altri, espande la sua autorità eaumenta la possibilità che la sua missione si estenda sempre più nel mondo.

E naturalmente, per i discepoli, c’è stato un periodo di transizione quando Gesù risorto è asceso al cielo e il loro rapporto con lui si è interiorizzato dentro di loro e tra di loro. Non potendo più rivolgersi a lui allo stesso modo, dovevano guardare a se stessi e agli altri per soddisfare i bisogni delle persone, per la guarigione, per l’accompagnamento, per l’istruzione su come approfondire il rapporto con Dio. Dovevano fare un altro passo avanti nella fiducia e nella fede: in se stessi, gli uni negli altri e nella promessa dello Spirito Santo di accompagnarli.

Mentre facciamo il punto su queste lezioni, questi inviti a una fiducia e una fede più profonde in noi stessi, negli altri e in Dio, come potremmo effettivamente fare un passo avanti nella maturità come leader, facendo spazio agli altri? Quale resistenza proviamo nel lasciar andare il controllo, nel delegare la responsabilità agli altri, e di quale grazia potremmo aver bisogno per uscire dai nostri schemi e fare spazio agli altri? Mentre celebriamo la festa dell’Ascensione e ci prepariamo alla Pentecoste, continuiamo a unirci in preghiera per Papa Leone, per la nostra Chiesa e per la maturità della leadership in ogni settore.

Con voi sulla strada,

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