«Andate a riferire a Giovanni ciò che vedete e sentite: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano e ai poveri è annunciata la Buona Novella. Beato chi non si scandalizza di me».

Quando la sua Buona Notizia trova la parte più oscura di noi
Qual è lo scenario nel Vangelo di Matteo, in cui Gesù ritiene necessario descrivere questi miracoli e prodigi al messaggero inviato da Giovanni Battista? Se lo comprendiamo più a fondo, potremmo provare empatia sia per Giovanni che per Gesù, poiché si trovano in un momento cruciale del loro rapporto di cugini e forse anche di mentore e allievo. Un momento decisivo.
Le Scritture suggeriscono ovviamente che Giovanni Battista e Gesù fossero cugini da parte di Maria, nati a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro. È probabile che fossero molto legati durante la loro infanzia, eppure, c’è anche una speculazione storica secondo cui Giovanni Battista potrebbe essere stato una figura di spicco tra gli Esseni, una setta ebraica ascetica e mistica che viveva con una rigida disciplina morale e sociale in attesa dell’Apocalisse. Sebbene non vi siano prove bibliche a sostegno di questa ipotesi, essa suggerisce anche che Gesù potesse essere stato una sorta di protetto di Giovanni durante la sua crescita e il raggiungimento della maggiore età, tanto che Giovanni si aspettava che Gesù seguisse le sue orme come profeta messianico e che potesse essere colui che avrebbe realizzato le speranze di quella comunità di inaugurare una nuova era attraverso una drammatica purificazione del popolo. Come sappiamo, la visione di Giovanni per quella purificazione era piuttosto minacciosa, fatta di giudizio divino e fuoco.
Ma quando viene a sapere del ministero di Gesù e non percepisce che Gesù sia fedele a quella visione, Giovanni comincia a perdere la fede che suo cugino possa essere colui che libererà Israele dal suo declino morale. Quando Giovanni viene imprigionato da Erode, si trova in uno stato particolarmente depresso e potrebbe disperare che il suo ministero sia stato vano, così manda i suoi seguaci a controllare Gesù e vedere cosa sta succedendo. Ha sbagliato a riporre la sua speranza e la sua fiducia nel cugino più giovane?
Eppure, Gesù è una persona a sé stante e fedele al Padre suo, proprio come Giovanni Battista era fedele. L’esperienza dell’amore del Padre di Gesù era diversa da quella di Giovanni, e invece di riempirlo di paura e terrore, lo ispirava con compassione, speranza e spirito di perdono. Invece di condannare, offriva guarigione. Invece di essere ossessionato dalla purezza, si avvicinava letteralmente e figurativamente ai peccatori. Invece di minacce, fece promesse di invito a un banchetto celeste ospitato da un Padre amorevole, che desiderava includere tutti. Sì, a volte c’erano echi dei giudizi di Giovanni, ma in generale, la descrizione che Gesù faceva del suo Padre amorevole e fedele aveva un tono edificante e attraente.
Quindi, possiamo capire perché Giovanni potesse aver dubitato. E forse possiamo capire come, attraverso tutta la storia del cristianesimo, ci sia sempre stata una tensione tra coloro che propendono per la direzione di Giovanni, sottolineando lo stato decaduto dell’umanità, il timore del giudizio di Dio e l’importanza della purezza, e coloro che propendono per la direzione di Gesù, sottolineando la misericordia, la tolleranza e l’amore inclusivo.
Teologicamente, la Chiesa cattolica sostiene e insegna che entrambi questi orientamenti sono veri, e quindi la tensione esisterà sempre. Spingersi troppo in una direzione o nell’altra ci ha storicamente portato a varie forme di eresia. Tuttavia, il Vangelo di Matteo di oggi ci ricorda che, secondo Gesù, l’annuncio del Regno è una “buona notizia” e un motivo di gioia, non di timore. Ciò significa che, indipendentemente da quanto percepiamo l’umanità come decaduta, indipendentemente da quanto caotici siano i nostri tempi, noi cristiani siamo ispirati a orientarci verso una visione speranzosa dei desideri di Dio per noi. Ciò significa che Dio non vuole la nostra sofferenza o le nostre prove in sé, ma ci accompagna amorevolmente attraverso di esse verso una vita più abbondante. Dio desidera e vuole la nostra prosperità come suoi figli e la prosperità di tutto il Creato.
Come leader ispirati dall’insegnamento e dall’esempio di Gesù, anche noi abbiamo una vocazione a trasmettere questa speranza, questa propensione alla gioia, alla compassione e alla misericordia. Sì, dobbiamo essere realistici e riconoscere l’imperfezione della nostra condizione umana e lo stato spesso deplorevole delle nostre vicende umane. Ma quando cediamo alla desolazione e perdiamo di vista le meraviglie che Dio compie ogni giorno, rischiamo di perdere qualcosa di più… la grazia della speranza che ci è stata donata dalla Buona Novella di Gesù.
Mentre entriamo nella terza settimana di Avvento, sentiamo che le nostre riserve si stanno esaurendo e sentiamo il bisogno di ricollegarci più strettamente alla gioia e alla speranza della promessa di Dio? Appoggiamoci alla Buona Novella di Gesù e scopriamo che quando guardiamo, vediamo e sentiamo la prova del suo amore nella nostra esperienza diretta, nelle nostre relazioni, nei nostri ministeri e nelle nostre opere. C’è motivo di gioire per ciò che Dio desidera per noi… e trasmettere la nostra speranza dà energia e ispira coloro che ci circondano a guardare e vedere come lo Spirito Santo sta operando tra noi anche adesso, compiendo meraviglie.
Con preghiere durante il viaggio,

