È stato un momento critico durante il Sinodo dello scorso ottobre. L’argomento in discussione? L’autorità del vescovo in una Chiesa sinodale. Alcuni membri della gerarchia ecclesiastica hanno espresso preoccupazione che l’invito a una partecipazione inclusiva ai processi decisionali potesse indebolire l’autorità formale dei vescovi e potenzialmente portare a confusione e disunione.

Ma in quel momento, l’allora cardinale Robert Prevost fece una dichiarazione molto potente che mi permise di condividere:
«Permettetemi di citare Sant’Agostino: “In noi che siamo stati scelti vescovi, bisogna distinguere due cose: il fatto che siamo cristiani e il fatto che siamo stati posti a capo degli altri. Siamo cristiani per noi stessi. Siamo leader degli altri per loro. Molte persone saranno salvate senza essere state responsabili di altri, e il loro cammino è più facile perché portano meno fardelli. Noi vescovi, come individui, saremo giudicati per il nostro cristianesimo. Ma, poiché siamo stati posti a capo di altri, saremo giudicati anche per la qualità della nostra amministrazione su coloro che guidiamo. Le persone che Dio mette a capo di altre non devono usare la loro autorità a proprio vantaggio, ma per il bene di coloro che guidano. Un vescovo che si compiace solo di essere il capo, cerca il proprio onore e bada al proprio tornaconto, sta nutrendo se stesso, non le pecore» (Sant’Agostino, sermone 46, 2).
Ha continuato dicendo che questa istruzione sulla leadership si riferisce a tutti coloro ai quali è stata data responsabilità, compresi i genitori nei confronti dei figli, gli insegnanti nei confronti degli studenti, ecc. Coloro che hanno autorità non sono solo chiamati a servire, ma a farlo con e per gli altri; non da soli, né in modo unilaterale o verticale, senza consultare o tenere conto degli interessi di tutti coloro che sono interessati dalla decisione. Inoltre, il cardinale Prevost ha citato il codice di diritto canonico, indicando che le strutture e le politiche della Chiesa già rendono possibile, e essenziale, che i vescovi agiscano in modo corresponsabile con il resto del Popolo di Dio all’interno della loro diocesi.
Celebrando l’azione di Dio attraverso lo Spirito Santo nell’elezione del cardinale Robert Prevost a papa Leone XIV, celebriamo l’elezione di un leader dedito al servizio umile e generoso del suo gregge, seguendo l’esempio del buon pastore. «Le mie pecore ascoltano la mia voce e mi seguono». Ciò è emerso chiaramente quando l’ex vescovo di Chiclayo, in Perù, ha smesso di parlare in italiano ed è passato allo spagnolo per rivolgersi con affetto e gratitudine al popolo della sua diocesi, che a sua volta ha risposto con gioia e festeggiamenti.
Voi ed io sappiamo che questo momento della storia è pieno di incertezze e che molti di noi si sentono come se fossero sull’orlo del baratro, sull’orlo di un cambiamento epocale. Papa Francesco lo ha sentito profondamente. Pur riconoscendo la naturale ansia di fronte all’ignoto, ci ha incoraggiato ad accettare questa incertezza come un tempo di potenziale positivo. Ci ha invitato a vedere questo momento come un tempo in cui lo Spirito Santo ci spinge alla conversione, allontanandoci dai nostri vari “ismi” e ideologie, per incontrarci gli uni gli altri con menti aperte, cuori disposti ad ascoltare e la volontà di lavorare insieme per la guarigione e la riparazione delle nostre società, dei nostri sistemi e del pianeta. Ci ha dato l’esempio di come vivere con coraggio, discernimento e tenerezza verso gli altri…
Nel suo breve discorso di apertura, e con la scelta del nome Leone, il nostro nuovo Papa manifesta la sua fiducia nel cammino aperto da Papa Francesco, la sua fiducia nella sinodalità per unirci e il suo impegno verso gli insegnamenti sociali della Chiesa al servizio e per il miglioramento del mondo. Uniamo le nostre preghiere per Papa Leone, per il carico di responsabilità e amministrazione che porta, e per il suo pastorale della Chiesa in questo momento precario della sua lunga storia. Non lasciamo che porti da solo questo fardello, ma uniamoci a lui in questa grande opera per la guarigione e la riparazione del mondo, per la pace e per condividere la buona novella di Cristo sull’amore e la misericordia. Dopo tutto, siamo insieme in questo cammino.
Fraternamente,