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Guidare con ospitalità verso lo straniero

da | 10 Luglio 2025

È difficile ascoltare la lettura del capitolo 10 del Vangelo di Luca di questa domenica senza chiedersi come persone che si professano seguaci di Gesù possano nutrire tanta paura e antipatia nei confronti dei rifugiati e dei migranti, come vediamo in tante parti del mondo oggi. Sì, è una questione sociale ed economica complessa che sfugge a soluzioni semplicistiche.

Il buon samaritano di Vincent Van Gogh (1890)

Sì, è stata politicizzata al punto che nelle nostre società polarizzate riduciamo la nostra logica a opzioni alternative che lasciano poco spazio alla creatività o al compromesso. E, a un livello più essenziale, è una questione umanitaria che riguarda il modo in cui vediamo e trattiamo il nostro prossimo, che, come ci insegna Gesù, include anche lo straniero, non solo le persone della nostra stessa famiglia, razza, nazionalità o cultura. La storia del Buon Samaritano vuole mettere in discussione tutti i modi convenzionali di pensare alle persone che ci è stato insegnato a discriminare o temere, per mettere in luce la nostra ipocrisia e stimolare una riflessione sul significato di essere “buoni”.

Per essere “buoni”, Gesù sembra suggerire che siamo chiamati ad ampliare la portata e la cerchia della nostra consapevolezza a coloro che soffrono appena fuori dal nostro campo visivo. Per essere “buoni”, siamo chiamati ad andare oltre l’impegno e la cura per coloro che fanno parte del ‘noi’ e a scoprire un senso di affinità e connessione con coloro che fanno parte del “loro”. In realtà, Gesù ci chiama a vedere e a relazionarci con gli altri come fa lui, come fratelli e sorelle che hanno una dignità intrinseca, come figli di Dio. Per essere “buoni”, Gesù si aspetta che mettiamo in pratica la nostra compassione, non solo con parole o preghiere, e che investiamo qualcosa di noi stessi, compreso il nostro denaro guadagnato con fatica, per prenderci cura di coloro che non possono prendersi cura di sé stessi.

Se proviamo una sorta di resistenza a guardare con occhio critico questa storia e il modo in cui Gesù tiene uno specchio davanti alla nostra società contemporanea, allora siamo in “buona” compagnia, perché sicuramente i discepoli e gli altri seguaci di Gesù provavano la stessa cosa. Per un ebreo osservante della legge e devoto al Tempio, i samaritani erano considerati non solo degli estranei, ma dei bestemmiatori la cui sola ombra poteva essere fonte di impurità rituale. Come persone moderne, lontane dalla realtà del contesto in cui visse Gesù, abbiamo generalmente perso il senso di sensibilità verso il modo in cui questa storia deve aver ferito i suoi ascoltatori. Egli stava suggerendo che il loro nemico tradizionale era il vero eroe morale di questa storia, e li stava chiamando a convertirsi dalle loro opinioni ipocrite e sociocentriche, dai loro pregiudizi e dalle loro paure verso coloro di cui non capivano le usanze.

Come leader della tradizione cristiana oggi, dobbiamo leggere i segni dei tempi e questo ci richiede di guardare attraverso la lente di questa e delle altre storie di Gesù per vedere chiaramente la nostra realtà. I Vangeli e le parabole come questa sosterranno alcune delle nostre convenzioni e valori sociali contemporanei e ne metteranno in discussione altri. I nostri tempi sono identici a quelli di Gesù, tanto da poter semplicemente dare un’interpretazione letterale e applicare tutte le sue istruzioni morali? No. Ma la nostra natura umana è rimasta sostanzialmente immutata, e questo significa che molti degli istinti, delle paure e delle motivazioni fondamentali che Gesù affrontò ai suoi tempi sono coerenti con i nostri: la tendenza a identificarsi con chi è simile a noi e a temere e persino odiare chi è diverso; la tendenza a limitare la portata del nostro senso di appartenenza e a proteggere le nostre risorse da coloro che non sono “noi”; e la tendenza non solo a non vedere la dignità uguale e inalienabile degli altri, ma persino a oggettivizzarli e disumanizzarli, come vediamo accadere oggi.

Cosa possiamo fare con questa parabola, se non permetterle di sfidarci e cambiarci, lasciando che ci conduca oltre i limiti dei nostri attuali modi di percepire e dare senso alle nostre differenze dagli altri, ai nostri diritti e ai loro? «Amerai Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua forza, con tutta la tua mente e amerai il tuo prossimo come te stesso». Quando iniziamo a vedere gli altri come noi stessi, come possiamo non vedere i nostri punti in comune, le somiglianze che superano le differenze e il senso della nostra comune umanità? Ci ritroviamo trasportati oltre le nostre paure e insicurezze e proviamo la gioia non solo di relazionarci con persone diverse da noi, ma anche di offrire la nostra bontà in forme concrete di ospitalità e cura materiale. Questa è la bontà che rende grandi agli occhi del Signore e che è alla base del tipo di leadership di cui il mondo ha disperatamente bisogno oggi. Questa è la bontà di Dio, che scorre attraverso di noi, per noi e per tutti i nostri fratelli e sorelle.

Con voi sulla strada,

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