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Fede: l’atto di credere nel nostro essere amati

da | 3 Ottobre 2025

Con un po’ di fede si possono smuovere le montagne… Cosa intende dire Gesù con queste parole? Molti pensano che la “fede” si riferisca a un credo o a un insieme di credenze. Ma la fede è anche l’atto di credere. È tanto un verbo quanto un sostantivo, che si riferisce all’offerta di fiducia in qualcosa o qualcuno (anche in noi stessi), di solito senza prove concrete che giustifichino la nostra fiducia, lealtà o impegno.

Ognuno di questi elementi, fiducia, lealtà, impegno, sono in parte disposizioni o atteggiamenti spirituali che possiamo sviluppare e mantenere e che, a loro volta, ci aiutano a superare le nostre prove e tribolazioni apparentemente impossibili. La fede, anche nella sua accezione secolare di potere del credere, è una risorsa che, come è noto, influenza il nostro senso di autonomia personale, le nostre capacità, la nostra capacità di guarire e riprenderci dai traumi, e di affrontare e realizzare cose difficili.

Ma che dire della grazia, potreste chiedere? Dove si collocano Dio e in particolare lo Spirito Santo? Come comprendiamo la nostra fede nell’autonomia personale, nelle capacità o nella resilienza nel contesto divino della nostra fede religiosa? Dopo tutto, il pelagianesimo non era forse l’eresia di riporre troppa fiducia nelle nostre capacità umane e non abbastanza in Dio?

Quando Gesù incoraggia i suoi discepoli ad avere fede, anche solo un po’, parla direttamente dalla sua esperienza di credere in qualcosa di più grande di lui stesso. Conosce il potere di praticare la fede, mantenendosi saldo in un impegno leale verso qualcuno o qualcosa di più grande di lui. La fede di Gesù nella promessa di resurrezione del Padre lo portò persino al punto di sacrificare la propria vita per una missione che avrebbe dovuto trasmettere ai suoi discepoli, molto poco preparati. Parliamo di una prova di fede!

Ma anche Gesù basava la sua fede su un fondamento solido ed empirico, non su una fantasia vuota o su un ottimismo generico. Al centro della sua fede nel Regno del Padre, questa visione escatologica di una realtà che si sarebbe realizzata solo dopo e attraverso la sua morte, Gesù aveva delle prove per le quali era disposto a dare tutto se stesso. Gesù aveva un’esperienza reale, profonda e dinamica dell’amore del Padre per lui. Questo amore era la base di tutto, l’essenza e il nucleo del suo essere, il suo senso di sé. Nel Padre, egli era l’amato.

Nessuno può creare da sé un senso di essere amato. Possiamo solo riceverlo come un dono gratuito, che non possiamo né meritare né avere diritto di ricevere in base a qualche merito personale. E proprio come è un dono che per definizione deve essere dato liberamente, così deve anche essere ricevuto liberamente. Essere amati richiede che ciascuno di noi accetti questo dono, nonostante la nostra parzialità, imperfezione o indegnità. Per molti di noi credenti, questo è un percorso spirituale che richiede di liberarsi da strati di resistenza, vergogna o vecchie storie su noi stessi che ci impediscono di credere che Dio ci ami incondizionatamente. È forse l’atto di fede definitivo.

E quando crediamo di essere amati nel nostro rapporto con Dio, questa fede rende tutto possibile… ogni altro atto di fiducia, ogni altra promessa di fedeltà e servizio, ogni altro sacrificio per uno scopo più grande.

Per quanto riguarda i leader, riporeste la vostra fiducia in qualcuno che crede solo in se stesso, nelle proprie capacità, nella propria visione o nella propria competenza? In che misura avete un’esperienza personale del vostro essere amati e in che modo questo influenza il vostro senso di ciò che è di fondamentale importanza nella vita?

Con voi sulla strada,

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